Io firmo, e tu?

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Un anno fa guardando la tv la mia vita è cambiata. E da allora non è più stata la stessa.

Sicuramente almeno una volta avrete sentito parlare di staminali, malattie incurabili, cure compassionevoli, Vannoni, Stamina…Sull’onda emotiva chiunque vedendo quei bambini soffrire avrà pensato che sia tutto davvero ingiusto. Io per prima venendo a conoscenza di queste storie mi sono più volte interrogata sul senso di vivere una vita in condizioni disperate.

Da donna, ho sempre pensato che piuttosto che vivere da “vegetale” preferirei poter scegliere di morire. Cosa che in Italia, il caso Eluana Englaro insegna, non è possibile. Poi però sono diventata mamma, e davanti ad un giudice che nega a due genitori disperati la possibilità di poter far accedere alle cure compassionevoli il proprio figlio malato, invitandoli tra le altre a portarlo in Svizzera per l’eutanasia, rabbrividisco.

Io non lo so cosa farei. Onestamente. In questi mesi me lo sono chiesta e richiesta. Ho cercato di ragionare sull’intera vicenda sia da donna che da mamma. Senza mai arrivare ad una conclusione, perché purtroppo la verità è che finché non ti trovi davvero dentro con tutti e due i piedi in certe tragedie, non puoi sapere cosa faresti.

Però so una cosa: che io non posso decidere per gli altri. Che quello che farei io non è per forza quello che farebbe un’altra persona. E che davanti a certi drammi credo che sia giusto che ognuno possa decidere secondo sua coscienza.

Per questo mi batto affinché in Italia sia garantito il diritto di scegliere.

Quando la medicina non dà soluzioni e speranze nei confronti di un paziente affetto da una particolare patologia, quando la stessa medicina invita al percorso di accompagnamento alla morte, quando tu ti senti impotente perché non puoi fare niente per qualcuno che ami, anche solo una piccola speranza secondo me può fare molto.

Non mi voglio soffermare sulla figura di Davide Vannoni e sulla sua fondazione Stamina, perché tanto è stato detto e poco è ancora chiaro.

Quello che voglio farvi sapere però è che il 3 Febbraio un gruppo di genitori di bimbi malati e semplici cittadini, ha presentato in Corte Suprema  di Cassazione una proposta per modificare la legge sulle cure compassionevoli, nota come Turco-Fazio, e il successivo decreto Balduzzi poi convertito in legge. La proposta ha come scopo quello di «garantire l’accesso alle metodiche compassionevoli con trattamenti su base non ripetitiva mediante l’utilizzo di cellule staminali mesenchimali adulte».

Per tutte quelle terapie oggi presenti in Italia che potrebbero dare sollievo a chi ha ricevuto una diagnosi infausta. Cioè per chi non ha scampo e che con queste cure potrebbe, ripeto potrebbe, avere una speranza di vita migliore o di quel che ne resta.

Nessuno crede nei miracoli. Nessuno pensa che le staminali siano la soluzione a tutto. Ma dove la medicina ufficiale non arriva, sarebbe bello poter sperimentare. Sperimentazione. Questo si chiede.

Per chi non lo sapesse la cura compassionevole o uso compassionevole di un farmaco è la possibilità di utilizzare, a fini terapeutici, medicine o terapie per i quali non è ancora stata completata la fase di sperimentazione clinica.

In Italia “l’uso compassionevole” è regolamentato dal decreto ministeriale 5.12.2006  (c.d. decreto Turco , reiterato nel 2008, assumendo la denominazione decreto Turco/Fazio), in materia di utilizzazione di medicinali per terapia genica e per terapia cellulare preparati su c.d. base non ripetitiva, ovvero sia su singoli pazienti al di fuori di sperimentazioni cliniche (come affermato dal decreto stesso in premessa: “medicinali da non sottoporre all’iter autorizzativo previsto per le sperimentazioni cliniche di medicinali di cui al d.lgs. 24.06.2003 n. 211″).

È importante sottolineare il valore etico della normativa: consentire a  pazienti <strong>senza altre opportunità terapeutiche valide l’uso di farmaci o terapie che, se pur non hanno ancora completato la sperimentazione clinica, potrebbero apportare dei benefici ai pazienti, fermo restando il rapporto rischio/beneficio ovviamente favorevole al paziente.

Era in quest’ottica che avrebbero dovuto essere inquadrate le infusioni di cellule mesenchimali, di cui tanto si è parlato durante lo scorso anno, con tutta la polemica Stamina che ne è maturata, non certo un’alternativa alle sperimentazioni o alle ricerche ufficiali, non come un miracolo, né come sostitute alla medicina tradizionale. Un’ultima chance.

Lo scorso anno invece è successo di tutto. Questo decreto è stato più volte modificato. L’ex ministro della salute Balduzzi, dapprima ha bloccato l’accesso alle cure compassionevoli, poi anche forse messo sotto pressione dall’impatto mediatico che trasmissioni televisive come le Iene di Italia 1 avevano creato, ha modificato la linea permettendo in via del tutto eccezionale la prosecuzione dei trattamenti con staminali non conformi alla normativa vigente per i pazienti per i quali sono già stati avviati, ma sempre sotto monitoraggio clinico.

Significa che, chi era già in cura presso gli Spedali Civili di Brescia e aveva cominciato un trattamento a base di staminali, poteva continuarlo, gli altri no. Nel frattempo, centinaia di genitori in tutta Italia si rivolgevano ai giudici del loro comune per ottenere l’autorizzazione ad accedere alle cure. In alcuni casi il ricorso veniva accettato, in altri no. Da una parte c’erano genitori a cui veniva riconosciuta la possibilità di provare a curare il proprio figlio malato, ad altri questa possibilità veniva negata. Il tutto legato solamente al proprio comune di residenza e al giudice incaricato.

Una situazione assolutamente assurda. Poi è cambiato il ministro, è arrivata Beatrice Lorenzin e le cose si sono complicate ancora di più.

Per questo è necessario che la questione sia definita quanto prima.

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Il 29 Marzo 2014 è partita in tutta Italia una maratona dei diritti “Tutto per un sorriso” che durerà fino al 10 Settembre 2014. In 8.000 comuni italiani sono stati inviati dei moduli da firmare per poter raggiungere, in sei mesi, almeno 50.000 firme e varcare così le soglie del Parlamento, dove si spera, si decidano a definire questa situazione che oramai da più di un anno è incerta. Si tratta di una Proposta di Legge di Iniziativa Popolare per garantire l’accesso e l’equità di trattamento a tutti i cittadini che si avvalgano dell’utilizzo di terapie compassionevoli. Per ricordare a chi ci governa o dovrebbe governarci, che non esiste soltanto lo spread, il patto di stabilità, il decreto salva-imprese ma che ci sono anche questioni importanti che dovrebbero finire in quei programmi elettorali in cui la bioetica è da tempo scomparsa.

Se vi va di leggere il post dedicato del mio blog in cui trovare tutte le informazioni del caso, circa la maratona, cliccate qui.

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Questo nel dettaglio quello che viene chiesto attraverso la raccolta firme:

Considerata la necessita di disciplinare l’uso delle metodiche compassionevoli, in mancanza di una valida e comprovata alternativa terapeutica alla legge 23 maggio 2013,n.57 Balduzzi si richiede al Parlamento Italiano di considerare valide le seguenti modifiche (in sintesi):

“E’ possibile far ricorso a metodiche compassionevoli laddove la patologia di cui è affetto il paziente metta in pericolo di vita la persona o ne comprometta in modo imminente ovvero irreparabile la salute. Sono da considerarsi metodiche compassionevoli l’impiego di prodotti, tecniche, metodiche o trattamenti su singoli pazienti, in mancanza di valida e comprovata alternativa terapeutica, nei casi di urgenza ed emergenza che pongono il paziente in pericolo di vita o di danno grave alla salute nonché nei casi di grave patologia a rapida progressione, sotto la responsabilità del medico prescrittore e, per quanto concerne la qualità del prodotto o della tecnica o della metodica utilizzata, sotto la responsabilità del direttore del laboratorio di produzione. Il procedimento delle metodiche, fornite in regime “compassionevole”, dovranno essere rese note alle strutture pubbliche presso le quali verranno somministrate. I dati raccolti durante il periodo di osservazione connesso alla somministrazione delle metodiche compassionevoli, condotte per almeno tre anni all’interno delle strutture pubbliche saranno pertanto considerati, idonei ed utilizzabili all’interno della sperimentazione. Al termine della somministrazione ed osservazione triennale la sperimentazione delle medesime metodiche potrà accedere direttamente alla III fase clinica sperimentale”.

Semplicemente.

Nel 2013 io ho partecipato ad alcune manifestazioni che si sono tenute in Italia sempre per la libertà di cura. Ho conosciuto genitori incredibili che hanno una forza “sovraumana”, che si battono sì per i propri figli ma non solo. Lo fanno perché il diritto alla vita è, anzi, dovrebbe essere, un diritto di tutti. Tra le tante persone incontrate c’è Sabrina, mamma di Raoul, un bambino con due meravigliosi occhi blu nato a Settembre 2011 come la mia Lavinia. Ci siamo conosciute a metà ottobre 2013 durante una manifestazione pacifica a Milano. Raoul, terzo nato di tre figli (sani!) fino a sei mesi stava bene. Poi di colpo, mentre Lavinia imparava a gattonare, Raoul ha iniziato a regredire. In tre mesi la diagnosi:  malattia di Krabbe  che non lascia scampo.
Staminali? Impossibile accedere alle cure, bocciato anche il ricorso. Si potrebbe pensare di cambiare residenza e di cercare un giudice più aperto. Ma passerebbe un anno e Raoul un anno non ce l’ha. Questo mi raccontava la sua mamma. Il mio cuore ascoltando quelle parole si era fermato. Le lacrime trattenute con tanta fatica durante la giornata esplodevano. Pensare di avere accanto qualcuno a cui si vuole bene malato terminale è devastante per chiunque. Ma come può una madre guardare il proprio figlio che muore?

15 giorni dopo Raoul è morto. Senza aver avuto la possibilità di provare a sopravvivere, come invece hanno avuto altri bambini più fortunati, se di fortuna in questo caso di può parlare.

Con questo articolo quindi vorrei fare questo: non tanto convincervi dell’effettiva validità dell’utilizzo delle cellule staminali, ognuno ha il diritto di pensarla come vuole. Ma se voi aveste un bambino malato, che non ha speranza, per il quale non esiste una cura, destinato a morire, non le provereste tutte?

La storia di Raoul insegna che la malattia può essere latente nei tuoi genitori, può risparmiare i tuoi fratelli e poi ti colpisce senza guardarti in faccia nonostante quei meravigliosi occhi blu. I genitori di Raoul potremmo essere noi. Ognuno di noi potrebbe portare dentro di sé una malattia che non dà sintomi e che potreste scoprire di avere solo nel momento in cui sarebbe troppo tardi per vostro figlio. I test prenatali non vedono tutte le malattie. Non c’è modo di scoprire di essere portatori di morte se non quando condannate qualcuno passandogli la malattia. Non vi si gela il sangue?

Vi chiedo quindi di riflettere. E se anche voi, come me, pensate che sia giusto che in Italia sia garantito la libertà di cura, laddove una cura ufficiale non esiste, andate in comune dove siete residenti. Carta d’Identità alla mano. Ci vogliono 5 minuti. E la vostra firma può fare molto. Per tutti.

Vi invito a riflettere su quanto sia disperata e assurda la situazione in Italia e a pensare che purtroppo le malattie non guardano in faccia a nessuno. Nessuno. E se tutti ci unissimo in questa “battaglia” potremmo fare molto per tutti, e per noi.

Grazie

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